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Il dialetto fa bene al turismo? Intervista al professore Salvatore De Masi.
“What’s turchinieddru”? passeggiando d’estate per le vie del Salento, capita spesso di ascoltare turisti divertiti alle prove con improbabili pronunce del dialetto salentino.
Si passa dai classici ciceri e tria pronunciati con accento english alle cozze perte all’ampa in versione tedesca sino ad avventurarsi nella pronuncia di intere espressioni dialettali legate ai nomi di luoghi o ai testi di canzoni. 
Ma quanto conta l’uso del dialetto nella relazione con i turisti? Ne abbiamo parlato con Salvatore De Masi, docente di Linguistica Generale e Glottologia presso l’Università del Salento: “il dialetto è parte integrante del patrimonio culturale salentino, tanto quanto lo sono l’enogastronomia e le bellezze paesaggistiche di Lecce e provincia. Del resto, viene usato per descrivere e caratterizzare luoghi, paesaggi e piatti tipici”. 
Non bisogna dimenticare il grande contributo che la musica e gli artisti salentini hanno dato al nostro territorio nell’ultimo decennio. Fenomeni musicali come la pizzica o i Sud Sound System hanno contribuito alla diffusione della cultura e delle tradizioni salentine. “Indipendentemente dai gusti musicali di ognuno, bisogna riconoscergli il ruolo di diffusione della salentinità, alla stregua dei fenomeni culturali e letterari che storicamente sono stati veicolo di diffusione di altrettante forme dialettali come il napoletano, il toscano, il veneto”.
L’idioma salentino compare anche nella relazione con il turista, nella maggior parte dei casi come un vezzo folkloristico. Veicolo di storia e tradizioni, soggetto a continue trasformazioni, “soprattutto nelle relazioni con il turista straniero, il dialetto perde la sua funzione comunicativa, ancora presente negli scambi linguistici tra conterranei e rappresenta un elemento con forte valenza estetica”, sottolinea il professore, “capace, perciò, di arricchire la conversazione ed aggiungere attrattività e fascino” e regalando al turista elementi di autenticità e indizi per scoprire una popolazione dalla storia millenaria. 
“E’ chiaro”, continua il professore, “che con il turista bisogna parlare una lingua condivisa; ci si deve presentare come un parlante capace di comunicare e farsi capire” ribadisce “il dialetto entra nella conversazione come oggetto culturale, di contro rappresenterebbe un elemento di impoverimento”. Nella migliore delle ipotesi, oltre che suggerire la corretta fonetica delle parole, sarebbe auspicabile dare al turista una spiegazione valida del termine ed avere qualche nozione di dialettologia. Ma lì dove mancano le competenze linguistiche speriamo ci sia almeno la proverbiale accoglienza dei salentini pronta a colmare qualsiasi carenza linguistica!

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